Scrivere è andare controvento e imparare a scrivere è costruire il nostro cammino di libertà.
Provo a dirlo ogni volta che mi capita di stare con gli studenti, con i ragazzini delle scuole superiori a parlare di libri e scrittura. Tra i miei sogni c’è anche quello di leggere prima o poi sul giornale che la materia-scrittura è stata introdotta nei piani di studio delle scuole, magari in un triennio della scuola secondaria.
Si può studiare scrittura?
Sì.
È possibile farlo tra i banchi di scuola?
Dipende.
La scrittura è una materia tradizionale?
No.
Cominciamo dal fondo, dall’ultima domanda che contiene una delle ragioni per cui la scrittura è ancora lontana dai programmi didattici della scuola superiore.
Scrivere è un’arte che per secoli è stata praticata da gente un po’ spostata, geni incompresi, pensatori con la penna in mano, schiene gobbe con pelle diafana e occhiali da vista. Quella storia dell’ispirazione ha relegato la scrittura creativa a una pratica per gente con gli occhi fissi al cielo, incapace di sottostare a regole, a pratiche regolari, a tecniche riconoscibili. Niente che fosse insegnabile, un non-mestiere, senza maestri, senza bottega in cui imparare.
Quando ho occasione di parlare con gli studenti delle scuole, magari per un incontro con l’autrice o per un intervento sulla scrittura voluto da qualche insegnante di lettere particolarmente appassionato, rivolgo alle classi sempre questa domanda: scrivere, cos’è per voi?
Rispondono in tanti modi, cercano parole per dire che hanno un racconto salvato nel computer, confidano a mezza bocca che stanno scrivendo una storia, qualcuno azzarda e rivela che tiene un diario, a volte sento dire che scrivono lettere ai coetanei, altri spiegano che è la prof. tal dei tali che li costringe a scrivere e che si sentono poco coinvolti.
E se la scrittura diventasse una delle materie di studio in questa scuola? – domando ancora. Sorridono sornioni, alcuni stringono le labbra, qualche alzata d’occhi e sguardi che fuggono, teste abbassate.
È un terreno ancora selvaggio quello della scrittura nelle scuole, cioè lasciato all’iniziativa di alcuni insegnanti o di alcuni istituti, ai percorsi di approfondimento inclusi nell’offerta formativa del “Pirandello” di Montepannuccio o del “Manzoni” di Rebittecentro. Tutto lavoro prezioso, esperienze ottime, spunti educativi di valore, occasioni di riflessione, arricchimento assicurato.
Tuttavia manca l’organicità della proposta e tutto quello che ne segue, un piano d’azione fino alla veste formale.
Non progetto piani didattici né mi occupo di gestire istituti scolastici. Lavoro con le parole e incontro molte persone, scrivo storie e raccolgo emozioni, ogni volta che posso semino assaggi di quello che la scrittura può dare a chi la pratica.
Sono anche madre e conosco da genitore vari livelli di scuola. Non mi dispiacerebbe scoprire che tra i banchi di scuola dei miei figli si aggira anche un’insegnante di scrittura creativa e narrazione scritta. Forse è possibile – ecco la risposta alla seconda domanda – dipende dal valore che riusciamo a dare alla materia, quando cominciamo a parlarne e ad ascoltare l’esigenza di fare spazio all’arte di usare le parole per raccontare noi stessi, dirci chi siamo e cosa proviamo, anche per farlo con altre storie, personaggi, ambienti. Scrivendo ci concediamo il privilegio di guardare in faccia tanti spicchi di vita, prima di tutto la nostra e poi quella degli altri, di chi conosciamo bene e di chi possiamo immaginare.
Ora torniamo all’inizio, a quello che ci chiedevamo: si può insegnare a scrivere e quindi studiare scrittura?
Sì, certo.
I corsi di scrittura allenano il nostro sguardo e ci consentono di riprodurre ciò che osserviamo
dando forma alle parole. Sicuramente nessuna scuola di scrittura e nemmeno la materia di studio se e quando verrà introdotta nella didattica pubblica riusciranno a insegnare la tecnica per scrivere il romanzo dei romanzi. Non è questo che dobbiamo cercare.
Tuttavia il cammino da fare per praticare l’arte dello scrivere può essere tracciato, indicato, sostenuto. Allora i ragazzi potranno imparare a sbagliare con le parole e a lavorare tanto per scrivere un testo efficace, che sa dire perché parte da dentro e arriva nello stesso punto. Possono imparare a guardare con tutti i sensi, impratichirsi con l’arte delle parole mentre cercano di fotografare un paesaggio o mentre sono seduti in metro, quando stanno avvolti nell’accappatoio in bagno dopo la doccia o sul prato di uno stadio mentre c’è un concerto. Dappertutto.
Ecco perché non è una materia tradizionale eppure può starci addosso ovunque.
In un tempo, il nostro, in cui un traguardo conta più del percorso fatto per raggiungerlo, mi sento di dirvi che scrivere è controcorrente. E’ una pratica che richiede tempo e ancora tempo, curiosità e occhi attenti, disponibilità a vederci sbagliare e a darci da fare per riprovare. Con una certezza in testa: è sempre il momento per parlare di noi e conoscerci meglio.
Anche questo è un cammino di libertà.