Essere è diverso da mostrarsi, farsi vedere.
Chi è disposto a lasciarsi attraversare da un’apparenza?
Facendo un giretto nella bellissima Lucca nei giorni di Comics and Games, questi pensieri vengono addosso in ogni via, in ogni piazza, a ogni angolo della città.
Si cammina in mezzo a persone che vestono i panni di supereroi, personaggi dei cartoni, o della protagonista di un libro, miti di ieri di oggi, essere fantastici e fantasiosi che diventano reali. Si muovono, comunicano, attaccano e difendono proprio come quelli “veri”.
Non c’entra niente con i vestiti e le mascherate.
Essere è un concetto differente dall’apparire per mostrarsi, per farsi guardare.
Nel linguaggio toscano c’è un’espressione efficace che si rifà alla buona tavola e al palato soddisfatto. Per spiegare che essere dentro a qualcosa non è come guardare quella certa cosa, il toscano di Livorno dice che “è come mangià e sta’ a guardà, la solita differenza”. Detto con lingua un po’ più nazionale, è la differenza che c’è tra sedersi a tavola, prendere dal piatto e infilare in bocca oppure starsene da una parte a guardare gli altri che mangiano senza masticare nemmeno un boccone.
Voler essere dentro a un film, a un cartone, a un supereroe ci mette nella condizione di sfamarci, saziare il nostro desiderio di voler sfidare, raggiungere, conquistare. Finalmente è possibile essere, non solo sembrare.
Questo pensavo camminando per le vie di una delle città toscane più affascinanti, che nei giorni di Lucca Comics and Games si carica dell’energia che a tutti noi serve per sopravvivere, la fantasia. Una risorsa sempre preziosa e da praticare senza parsimonia specie nei momenti tosti, quando la strada si fa in salita.
(“Immagina quando avrai risolto…”; “immagina la ripresa…”; “immagina di avercela fatta…” e via così fantasticando per darci aiuto e spinta).
A Lucca, durante i giorni dedicati ai fumetti e ai supereroi, s’impara o si ripassa una lezione che dobbiamo tenere a mente tutti i giorni dell’anno: le cose vissute con tutti noi stessi, dentro e fuori, con la mente, con la pancia e pure con l’abbigliamento non possono che riuscire bene. E ogni cosa venuta bene è fonte sicura di una qualche energia positiva.
Guardare la gente (adulti!) assumere sembianze e comportamenti dei propri eroi e pensare di avere davanti dei poveri invasati col trono di spade, o eterni bambini giocherelloni, o disadattati sfigati ridotti fra un mantello di raso rosso e una parrucca verde come la bava di mostro, pensare questo senza domandarsi niente è un errore che può costarci caro.
Per essere bisogna anche sentire. Per le strade di Lucca Comics and Games le persone hanno la musica in tasca, ho sentito colonne sonore uscire dalle tasche dei jeans e dal mantello di Thor, dalla spada del Signore degli Anelli e dagli occhiali di Angel della Casa di carta. Musica, suoni, ritmo: si sente che dentro agli abiti c’è qualcuno che respira. Ed è bello pensare che lo stia facendo con gli stessi polmoni del personaggio che cammina in città, fra la gente comune.
Ecco qualche domanda che possiamo farci.
Chi di noi è disposto a rinunciare a essere al posto giusto al momento giusto?
Chi non vuole essere al proprio posto a fare ciò che vuole?
Chi è disposto a lasciarsi attraversare da un’apparenza?
Chi?